23 agosto 2009

IL MEDITERRANEO E' DIVENTATO UN ENORME CIMITERO

I sopravvissuti Eritrei, arrivati in questi giorni con il barcone a Lampedusa, si erano imbarcati in Libia più di venti giorni prima.
Dall'Eritrea alla Libia avevano già compiuto un lungo viaggio, che a occhio sulla cartina potrebbe essere come dalla Sicilia alla Danimarca. Magari l'ultimo tratto sembrava un percorso più breve e semplice rispetto a quello già fatto, forse avevano acqua e viveri sufficienti per pochi giorni, o forse niente.
Magari qualcuno si è "dimenticato" di avvisarli che le correnti marine e i venti, nello stretto di Messina, sono parecchio forti e arrivano praticamente sempre da Nord Ovest verso Sud Est. Occorre tenere conto di questo per mantenere la rotta, in un mare tanto frequentato da ogni tipo di imbarcazione dove la morte di 70 o 1000 persone ormai non fa più notizia.

Oggi si lavora per installare - o forse sono già perfettamente funzionanti - sofisticati sistemi radar che individuano il clandestino che evade dalla disperazione della sua terra.
Invece una barca persa in mezzo al mare non viene rilevata da alcun sistema: dobbiamo augurarci che su questi mezzi non vengano mai trasportati materiali pericolosi invece di inermi esseri umani.
Al mondo ormai c'è troppa gente costretta a scegliere la morte migliore, invece della vita migliore. Rimanere nel proprio paese dissanguato, in lotta, depredato, o partire per dove? Nel Paese confinante dove vige la guerra civile da 40 anni? Oppure nell'altro Paese confinante in ginocchio per le continue siccità?
Rimane solo il dorato occidente, dove si cerca di arrivare rischiando la vita propria, dei propri bambini piccoli o ancora in pancia, e questa non si chiama scelta ma condanna.

I soliti pochi sanno cosa diventerà fra qualche anno l'Eritrea : forse un'enorme area di coltivazione dell'olio di cocco, o forse una grande discarica di rifiuti tossici. Certo mantenere in guerra e in povertà diverse aree del mondo rende molto in termini economici.
Anche in altre parti del pianeta si sta cercando di fare tabula rasa delle risorse naturali, distruggendo la vegetazione e gli animali, obbligando gli indigeni ad accettare trattati in cui vige l'obbligo di industrializzare i prodotti della terra, creare catene di montaggio produttive come già esistono nel nostro mondo "civilizzato".
Sono trattati a cui " non si può dire di no", e proteggere la propria terra equivale a morire sparati, gettati nei fiumi dagli elicotteri, scomparire.

Da sempre anche in Italia esistono forme molto più blande di questa distribuzione delle risorse in cui chi le produce non ne usufruisce : provate a cercare di comprare il pesce in Calabria, nella terra dove lo si pesca viene venduto tutto al ricco nord. Il meccanismo predatorio che si nasconde dietro alle guerre e ai colpi di stato parte dallo stesso principio, e per quanto le multinazionali usino parole suadenti, di queste hanno bisogno per impedire che le ricchezze rimangano a disposizione di chi ci vive sopra, vedi platino, oro, caffè, petrolio.
Per come sta andando il pianeta, ci saranno sempre più clandestini in tutte le aree del pianeta, gente che fugge dalla propria terra derubata e insanguinata (19.ooo soldati Eritrei morti nel 1998 nella lotta contro l'Etiopia) per diventare cibo per i pesci, o se "fortunata" finire in qualche prigione europea per aver commesso un reato.



Da http://it.peacereporter.net/
"...Sono arrivati in cinque. Erano ischeletriti, cotti dal sole che martella, in agosto, sul canale di Sicilia. Ma il barcone era grande: ce ne stipano ottanta, i trafficanti in Libia, di migranti, su barche così. Affastellati uno sull'altro come bidoni, schiena a schiena, gli ultimi seduti sui bordi, i piedi che penzolano sull'acqua. E dunque quel barcone vuoto, con cinque naufraghi appena, è stato il segno della tragedia...."

3 commenti:

Anonimo ha detto...

Perche non:)

Anonimo ha detto...

Si, probabilmente lo e

Anonimo ha detto...

quello che stavo cercando, grazie